Relazione programmatica del Segretario Generale Michele Bulgarelli
Care compagne e cari compagni, in questa relazione parto da un punto.
Sono a Bologna da due anni e mezzo, due anni e mezzo durante i quali ho lavorato in una zona e durante i quali ho imparato a conoscere i compagni della zona, dell’apparato e del consiglio generale.
Davanti a me, come primo elemento, si pone quello della conoscenza, anche perché la mia precedente esperienza è stata in un territorio con dimensioni non paragonabili a quelle di Bologna.
Devo conoscere una FIOM, la FIOM di Bologna, che è sempre stata un modello per gli altri territori, con i suoi 18.880 iscritti in 1462 aziende, i suoi 685 delegati, la sua attività di contrattazione articolata, la sua capacità di intervento nelle piccole imprese e nell’artigianato.
In un mondo dove le grandi organizzazioni di massa sono ormai un ricordo del secolo scorso la FIOM di Bologna è un modello sindacale con radici profonde, con i piedi ben piantati nelle fabbriche e la capacità di alzare lo sguardo e di pensare ad un’idea migliore di società a partire dalla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori.
Viviamo in un mondo dove guerra e terrorismo sono una realtà quotidiana da ormai più di quindici anni, dove dilagano populismi e guerre tra poveri, e in un Paese, l’Italia, che da qualche anno si trova in una emergenza democratica.
Solo la FIOM e la CGIL hanno contrastato questa deriva autoritaria che è partita dal Jobs Act, è continuata con la “Buona Scuola” di Renzi ed è arrivata al tentativo di cambiare la Costituzione. Con l’affermazione del NO al referendum costituzionale del 4 dicembre scorso e l’avvio della stagione referendaria sul lavoro sembrava potersi aprire una stagione di ricomposizione sociale. Non è stato così.
Quanto avvenuto sui voucher richiede una risposta che parta dalla denuncia di qualcosa di più di una truffa, perché siamo di fronte alla manomissione dei diritti civili e politici dei cittadini e delle cittadine da parte di una classe politica che fa della mediocrità e del trasformismo una sua ragione d’essere e che sta ampliando ogni giorno di più una voragine tra le Istituzioni e il Paese reale.
Abbiamo difeso la Costituzione, nata dalla Resistenza. Non ho dubbi che avremo il coraggio e la determinazione di cui i lavoratori e la parte migliore di questo paese hanno bisogno, così come hanno bisogno della FIOM e della CGIL.
Da domani penso sia determinante il mantenimento di un processo unitario in FIOM e attraverso l’unità della FIOM, nel lavoro quotidiano, dare continuità a quell’azione di insediamento e re-insediamento sulla quale stiamo lavorando ed investendo tanto – a partire dal progetto sulle piccole imprese e le aziende artigiane che è un po’ un elemento distintivo della FIOM di Bologna.
L’altro elemento distintivo di questo territorio è senza dubbio il patrimonio e la pratica continua di contrattazione articolata, che si distingue non solo per la qualità degli accordi ma anche per una capacità di intervento qualificata su tutti gli aspetti della condizione lavorativa: la contrattazione degli orari di lavoro, dei diritti individuali e della conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro, il salario e i premi di risultato, la salute e la sicurezza, l’organizzazione del lavoro.
Un sindacato industriale, fortemente caratterizzato e con un punto di vista autonomo e indipendente sul mondo e sul lavoro, ha bisogno di radici forti. Le nostre radici sono i delegati e le delegate della FIOM, senza di loro la FIOM non sarebbe quello che è.
Per questo penso vada innanzitutto riconfermato il prezioso lavoro di formazione per i delegati e le delegate, valorizzando l’impegno straordinario di questi anni, dalla campagna di formazione per tutti i delegati alla prima nomina fino ad arrivare alla formazione sulle tecniche negoziali. Vanno anche introdotti percorsi di formazione specifici (per esempio sul tema dell’organizzazione del lavoro) e va data continuità all’attività dei delegati di patronato.
Ritengo inoltre che vada pensato un percorso di formazione per la struttura della FIOM a tempo pieno che possa ulteriormente qualificare il nostro intervento.
Penso infine che dovremo sperimentare anche un piano formativo per il gruppo dirigente della FIOM di Bologna, che è questo Consiglio Generale, per esempio convocando le nostre riunioni in modo seminariale, lavorando in gruppi, approfondendo temi specifici e partendo dal fatto che il punto di vista della FIOM, per avere l’autorevolezza che merita. deve avere un carattere di allargamento e collegialità.
Non dobbiamo evitare di confrontarci con i problemi aperti e gli impegni dei prossimi mesi: quest’anno dovremo affrontare tanti rinnovi di RSU, nelle grandi aziende ma anche in tante medie e piccole imprese. Non nascondiamoci le difficoltà che ci sono, anche a Bologna. Le difficoltà nel trovare nuovi candidati, trovare candidati giovani e trovare candidati tra gli impiegati (che in tante aziende ormai sono la maggioranza del totale dei dipendenti).
Qui c’è il cuore della FIOM e della nostra attività quotidiana: le RSU. I delegati che sono la nostra rappresentanza, in quanto eletti a scrutinio segreto con una scheda, un’urna ed un collegio elettorale; eletti da tutti quei lavoratori che – non dobbiamo mai dimenticare – votano la lista della FIOM. I delegati sono al centro della nostra attività di contrattazione articolata e della nostra attività di organizzazione sui luoghi di lavoro, perché sono loro che nella maggioranza dei casi chiedono ai propri colleghi di firmare la delega sindacale e quindi di iscriversi alla FIOM.
Così come il tema del tesseramento non va affrontato una o due volte all’anno, quando esaminiamo tutti insieme i dati dell’anno precedente e ci diciamo che non possiamo rassegnarci ad assistere al calo del tasso di sindacalizzazione nel nostro territorio.
Partiamo da un dato inconfutabile.
Qui a Bologna, ma penso sia un dato che vale per tanti territori dell’Emilia Romagna, abbiamo fatto, tutti insieme, un miracolo durante la crisi. Abbiamo difeso migliaia di posti di lavoro, posti di lavoro (soprattutto di operai ed operaie) che se non ci fossimo stati noi, non ci fossero state le funzionarie e i funzionari, le delegate ed i delegati della FIOM con la nostra testardaggine e la nostra determinazione, oggi non ci sarebbero più.
Aver preteso di utilizzare, di fronte alla crisi, tutti gli strumenti a disposizione per evitare i licenziamenti, aver contrattato gli anticipi della cassa integrazione, aver litigato sulla rotazione e affermato il criterio esclusivo della volontarietà nei licenziamenti collettivi; tutto questo ci ha permesso di avere nei luoghi di lavoro e nei confronti della controparte un riconoscimento che va oltre i nostri iscritti e ci ha permesso di entrare e sindacalizzare tante nuove aziende.
Questo ci dicono i dati del tesseramento della FIOM di Bologna, così come di dicono che abbiamo delle zone di sofferenza, degli spazi su cui intervenire (ad esempio gli impiegati o le piccole e medie aziende dove non siamo presenti) e un mondo nuovo con il quale fare i conti (e cioè i giovani lavoratori).
Oggi siamo indubbiamente di fronte a difficoltà e problemi, ma abbiamo anche un’opportunità.
Con l’approvazione del recente Contratto Nazionale i lavoratori e le lavoratrici hanno riportato la FIOM al posto che ci spetta, al tavolo delle trattative, a tutti i livelli.
Dobbiamo investire tempo e risorse per utilizzare fino in fondo le opportunità di contrattazione che si aprono con il Contratto (la contrattazione del diritto soggettivo alla formazione, i flexible benefits, l’estensione a tutti i lavoratori di un piano nazionale sanitario, la previdenza complementare, ecc…).
Innanzitutto perché non succeda che qualche azienda pensi di evitare di applicare il Contratto. Ma anche perché questa può essere l’occasione per entrare in aziende oggi non sindacalizzate, con l’assemblea, chiedendo incontri, discutendo con i lavoratori e con le imprese.
Avere riconquistato il contratto nazionale dopo il voto dei lavoratori e delle lavoratrici, penso che ci permetta di rapportarci con la FIM e con la UILM in modo chiaro, sapendo che cosa abbiamo alle spalle e soprattutto dove siamo.
Qui siamo a Bologna e in questo territorio il coinvolgimento dei lavoratori nella costruzione delle vertenze e il referendum su piattaforme e accordi è un elemento acquisito, direi un dato di fatto.
Non dobbiamo dimenticare che quanto successo alla FIAT pesa; non dobbiamo dimenticare che profonde sono le ferite lasciate nel corpo vivo della nostra organizzazione, tra i compagni e le compagne, e che quella vertenza non è conclusa.
Con la Camera del Lavoro di Bologna va confermato uno stretto rapporto, che parta dai lavori in corso, come il progetto di insediamento o come l’impegno a far sì che le buone pratiche vengano generalizzate (ad esempio la contrattazione di sito). C’è tanto lavoro da fare, perché su molti temi la nostra azione di categoria non basta: il lavoro povero, il contrasto all’esclusione sociale, il diffuso precariato metropolitano che difficilmente incrociamo, la necessità di regolamentare l’alternanza scuola-lavoro. C’è bisogno di un’azione comune e del peso autorevole di tutta la CGIL. La confederalità è importante, partendo dalle titolarità, al fine di sviluppare un’azione di contrattazione e tutela.
Ritorno su un aspetto che per me è determinate.
La FIOM, per essere quella di sempre, per essere sé stessa in mezzo a tutte le tempeste, ha bisogno di avere un punto di vista autonomo e indipendente, sul lavoro, sulla società e sul mondo che ci circonda; altrimenti saremmo un’altra cosa e la nostra contrattazione correrebbe il rischio di diventare aziendalista e corporativa.
Ma un punto di vista autonomo e indipendente non si costruisce da solo.
Gramsci diceva “Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate, perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza”[2].
Abbiamo bisogno di studiare e domandare, questa è la ricerca che la FIOM di Bologna, e Alberto in modo particolare, hanno voluto avviare e che dovrà concludersi entro il prossimo Congresso: come sono cambiate e come stanno cambiando le aziende, cosa vuol dire l’Industria 4.0 nella materialità della vita quotidiana nelle aziende bolognesi, i cambiamenti tecnologici ma anche – attraverso l’inchiesta sociale – come si sta in fabbrica nella percezione dei delegati e dei lavoratori.
Un punto di vista autonomo nasce anche dalla capacità di alzare lo sguardo e di confrontarci con altre esperienze sindacali. In questi anni la FIOM dell’Emilia Romagna e la FIOM di Bologna, hanno dato vita ad un progetto voluto fortemente da Bruno di cooperazione permanente con l’IG Metall di Wolfsburg. Questa è un’esperienza da confermare ed allargare, perché le difficoltà dei lavoratori sono comuni in tutta Europa e abbiamo bisogno, su temi specifici, di discutere e approfondire strategie sindacali comuni.
Concludo tornando all’inizio. Sapete tutti che sono a Bologna da poco tempo. In questi due anni e mezzo ho conosciuto una zona, oltre al Consiglio Generale e ai compagni e alle compagne della struttura. Penso quindi di avviare da subito un percorso di ascolto e conoscenza, di tutto il consiglio generale e dell’apparato e della struttura, per capire meglio le fabbriche, i settori e il territorio e per poter poi decidere insieme i modelli organizzativi migliori; un confronto anche con la Camera del Lavoro, la FIOM regionale e nazionale.
Intendo farmi un’idea sul modello organizzativo e sulle zone; di conseguenza intendo partire in questa prima fase con il mantenimento dell’attuale struttura, compresa la segreteria.
Penso che una grande FIOM come quella di Bologna deve continuare a sperimentare; sperimentare vuol dire provare ad estendere i confini della nostra azione contrattuale: abbiamo bisogno di fare accordi aziendali anche laddove prima non c’erano, dobbiamo capire come incontrare i lavoratori che lavorano negli appalti e troppe volte ci sfuggono, dobbiamo provare a raggiungere più lavoratori con lo strumento più antico di tutti ma che non può essere sostituito da nulla, l’assemblea sindacale sul luogo di lavoro. Che come mi ha detto Alberto una delle prime volte che ci siamo conosciuti “è il primo elemento di tutela del lavoratore”.
Piccole e medie imprese, siti e appalti, aziende a prevalenza di impiegati sono i primi territori che vanno attraversati. Va inoltre aperta una riflessione su come seguire i gruppi che hanno la testa a Bologna e insediamenti anche all’estero e che sono un po’ una specificità di questo territorio.
Dobbiamo essere all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte, sapendo che abbiamo un patrimonio fatto di contrattazione di eccellenza e modelli organizzativi che nel sindacato non è secondo a nessuno.
Michele Bulgarelli
Sasso Marconi (BO), 5 giugno 2017
[1] I dati di Bologna sono chiarissimi in questo: dal 2008 al 2012 (forse nei cinque anni più duri della crisi) nelle aziende sotto il 20 dipendenti gli iscritti a Bologna sono passati da 2767 (2008) a 3749 (2012) mentre gli iscritti calavano sia nelle aziende sopra i 300 addetti che in quelle tra 100 e 300 e tra 20 e 100 addetti
[2] Antonio Gramsci, da “L’ordine nuovo”